sabato 1 agosto 2009

Festa democratica alias de L'Unità...

Davanti ad una bottiglia di vino, dopo aver servito come volontari tutta la sera, nelle torbide sere d'estate dicomanesi è ancora possibile incontrarsi; giovani, anziani, nati a Dicomano e persone approdate, per strani giochi del destino, nel nostro paese intessano tra loro fili robusti di amicizia e condivisione.
La festa democratica, alias de L'Unità, è questo, è un patrimonio di civiltà e amore inestimabile, affonda le proprie radici nel dopo-guerra, ma anno dopo anno è pronta ad evolversi, sempre includendo tutti. Quest'anno hanno fatto il loro ingresso i bambini allegramente agitati del Saharawi. Alla festa non hanno trovato compassione, pietà, ma gente disposta ad accoglierli come bambini , come sguardi furbi da stimolare e da sgridare. La festa è solidarietà priva di tolleranza, perché è un magma informe ricco di accoglienza naturale in quanto originata da una legge morale interiore che non necessita di precetti imposti.
Si litiga per la politica e per il modo di condire la pizza: con una birra o un bicchiere di vino il puzzle si ricompone e l'armoniosa quiete si ristabilisce (il metodo Obama a Dicomano viene perseguito da più di mezzo secolo).
Compatisco chi da snob di sinistra rifiuta tali luoghi, rifugiandosi in locali radical tristi, dove, come nel miglior stile berlusconiano, la sostanza si riduce alla peggior forma, quella superficiale, omologata, tristemente contenuto di niente.
La festa è tutt'altro che sinonimo di semplicità: è abbondanza di differenze, è crogiolo di idee radicalmente alternative, è pensiero e prassi.