domenica 31 maggio 2009

sul blog

Correggendo i vari refusi (di cui mi scuso) dei post scritti fino ad oggi, mi sono resa conto che questo blog anziché essere un diario collettivo, com'era nei miei intenti, è divenuto un monologo quasi giornaliero di questi strani giorni. Nato come una sorta di compito si è trasformato lentamente in uno spazio, benché on-line e condiviso teoricamente col resto del mondo, completamente mio, un appuntamento con me stessa in relazione all'esperienza insolita e coinvolgente della campagna elettorale. Questa paginetta virtuale si è rivelata migliore di qualsiasi camomilla: mi aiuta a chiarire le idee, a dare ordine alle sensazioni ed a trasformare le paure in semplici emozioni da descrivere. In questi ultimi giorni mi sembra anche di aver ritrovato un certo amore per la scrittura, quella spontanea, non meditata, ma catartica in quanto legata al fluire dei pensieri. Sono ritornata a giocare con la scrittura, divertimento che la costante scolarizzazione aveva lentamente consumato fino a farlo scomparire, perché ridicolo e infantile.
Il blog, prima di tale esperienza, appariva ai miei occhi come il peggior prodotto dell'egocentrismo, la trasformazione malata della narrazione privata in racconto pubblico, l'ennesima confusione tra mondo-linguaggio intimo e sfera pubblica. Quanto ho scritto in questi giorni circa il rapporto formativo tra l'io e l'altro, tra l'io che si oggettivizza nel sé, è la palese rivalutazione del ruolo del blog tematico, di denuncia, o strettamente personale. Esso è proprio l'espressione dell'io che ricerca l'altro; un alter esterno lontano, mai conosciuto oppure un estraneo interiore, il sé che si scopre rileggendo i propri post; in ogni caso l'incontro è sempre eccezionale, ricchissimo e indimenticabile perché lascia un solco indelebile nella propria identità.