mercoledì 20 maggio 2009

Ancora campagna elettorale: l'odio,la periferia e le donne...

La campagna elettorale continua e il nazionale detta l'agenda anche del locale; ieri sera, così, nell'ennesimo incontro con i cittadini, dalla riqualificazione urbanistica la discussione è volata sull'immigrazione, in realtà un fil rouge fra questi due argomenti apparentemente così lontani vi è e proprio in questo esile legame potrebbe risiedere la corretta risposta a chi, vittima della campagna razzista del governo, si sente insicuro e assediato dallo straniero.
C'è chi per un pugno di voti non ha problemi a incendiare gli animi con l'odio contro l'altro,cercando così di sommergere nell'oblio gli animi, rendendoli dimentichi della funesta crisi economica. L'immigrato, soprattutto clandestino, è nell'opinione di molti italiani equivalente a delinquente, tale associazione, a sua volta, si fonda sulla relazione tra insicurezza e immigrazione, facilmente ottenibile diffondendo paura. Ogni amministrazione per evitare l'estendersi di tale melassa di odio rancore e incertezza dovrebbe non alimentare il timore con barriere, ma spingere per una società multi-etnica, quindi per la realizzazione di un altro mondo fra i tanti possibili, dove ogni gesto e comportamento assumano un significato diverso rispetto a quello che hanno in questa triste e squallida Italia; esemplificando al massimo, un mondo in cui un uomo che va a pregare non è terrorista solo perché il suo credo non è quello cristiano.
Il punto di partenza per tale sfida politico-amministrativa è la periferia, la frazione, quella zona lontana dal centro, dalla luce della ribalta, dal lusso e dalla ricchezza, il non luogo per eccellenza poichè senza identità, essendo un agglomerato informe e interscambiabile con tanti altri analoghi non luoghi, tristemente abbandonati alla abitudinarietà del lavoro, della palestra e del centro commerciale. L'u-topia è ricreare quei non-luoghi con progetti democratici condivisi dagli abitanti, qualsiasi sia la loro nazionalità, dello spazio-tempo periferici, condizione quanto materiale, tanto spirituale. L'obiettivo da perseguire è trasformare disumani casermoni, inquietanti parcheggi e solitari spazi vuoti in tanti micro-centri disseminati, occasioni di dialogo, ascolto e confronto per dar vita ad un colorato tessuto sociale in cui ogni filo grazie al suo tessersi con l'altro ritrova un profondamente orientato senso. In una siffatta comunità non vi sarà spazio per la paura, ma solo grande voglia di sentire storie di vita e narrare la propria perché nello sguardo e nella voce dell'altro l'io si ritroverà e capirà. Questa deve essere la risposta a chi vuol lo scontro tra le periferie del mondo. Tale alternativa non può che avere le donne come protagoniste, per la loro inclinazione al pathos come empatia, al dialogo come discorso reciproco ed al loro rifiuto di qualsiasi violento monologo.

Nessun commento:

Posta un commento